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Il prosecco rosè alla conquista della DOC

calendar_today 30 maggio 2023

Negli ultimi anni sul mercato estero sono aumentate esponenzialmente le richieste per una nuova tipologia di Prosecco, ovvero il Prosecco Rosè che, fino a qualche tempo fa, non era né riconosciuto né regolamentato dalle norme di diritto vitivinicolo e, in particolare, delle DOC e DOP. Tale nuove esigenze di mercato hanno spinto le associazioni di categoria del Prosecco a prendere in considerazione una modifica di disciplina della produzione, al fine di introdurre la tipologia di vino “Prosecco Rosè millesimato” nella categoria protetta del Prosecco DOC. Questo articolo intende esaminare l’iter di modifica, alla luce delle normative di diritto vitivinicolo, nonché le conseguenze che ne scaturiranno nell’ambito dell’export di prodotti viticoli “made in Italy”.

1. Brevi cenni introduttivi

Il settore agroalimentare si distingue per l’elevata quantità e varietà di prodotti, circostanza che impone un rigido sistema di classificazione affinché taluni prodotti con determinate caratteristiche di lavorazione ed origine possano essere correttamente riconosciuti dal consumatore finale. A tal fine, sono state istituite una serie di denominazioni, tra cui DOC, DOCG, IGT ed altre, ormai oltre che disciplinate dal diritto vitivinicolo, entrate nel linguaggio comune.

Nello specifico, la sigla conferita al maggior numero di prodotti è la DOP, lett. “Denominazione d’Origine Protetta”, la quale contraddistingue gli alimenti ed i vini (compreso il Prosecco) le cui caratteristiche gustative possono essere attribuite inequivocabilmente all’appartenenza ad un determinato territorio geografico. Va rammentato che nel contesto vitivinicolo, la riconduzione di un prodotto a un dato territorio acquista una rilevanza primaria.

Per questo motivo, la sigla DOP è assegnata soltanto a specialità alimentari prodotte e lavorate in aree circoscritte e in osservanza di un preciso disciplinare di produzione, tramandato da generazioni. Ne costituisce l’esempio, l’aceto balsamico di Modena. La sigla DOC, invece, si appone esclusivamente su vini prodotti in specifiche aree geografiche caratterizzate da particolari condizioni di vitigni, ambiente e metodi di produzione. Esempio classico è il Prosecco, vino bianco a “Denominazione di Origine Controllata” prodotto in Veneto e in Friuli-Venezia Giulia.

Un ulteriore livello di esclusività ai prodotti viene garantito dalla sigla DOCG, “Denominazione di Origine Controllata e Garantita”, come per esempio, il Brunello di Montalcino.

Di particolare importanza è anche la sigla IGP “Indicazione di Origine Protetta”, istituita dal Regolamento (CE) n. 510/2006, indica alimenti e vini tipici di una determinata area geografica e che lì sono prodotti, trasformati o elaborati: ciò significa che almeno una delle tre fasi produttive deve essere svolta nel territorio specificato, mentre le altre possono provenire da una diversa regione o persino dall’estero. Al momento della redazione dell’articolo, in Italia1 si annoverano almeno 137 prodotti alimentari IGP a cui si aggiungono 118 vini2 compreso il Prosecco. I prodotti o vini IGP possono in alternativa usare la sigla italiana IGT, ovvero “Indicazione Geografica Tipica”, la quale tuttavia è stata superata dalla categoria IGP.

Al fine di poter giovare della classificazione IGT un vino oltre a rispettare le condizioni espressamente previste dal Regolamento (CE) n. 510/2006, in ogni caso, deve essere prodotto con almeno l’85% di uve provenienti dall’area geografica indicata, in osservanza alle norme di diritto vitivinicolo.

2. DOC e DOCG

Con il riferimento specifico alle sigle DOC e DOCG, giova segnalare come, queste, nonostante oggi siano ancora ampiamente utilizzate, sono state ricomprese nella categoria comunitaria DOP. Pertanto, ne è conseguito lo sviluppo di due distinti sistemi di classificazione del vino, europeo ed italiano. La normativa europea è stata introdotta con il Regolamento CE 479/20083, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, recepito in Italia con il Decreto Legislativo 61/2010 (“Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell'articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88”) che distingue i vini con denominazione d’origine (dove ritroviamo le sigle DOP e IGP) dai vini privi della denominazione d’origine (c.d. “vini varietali” e “vini generici”), e con il Regolamento (CE) n. 491/20094. In Italia invece la classificazione è prevista dalla Legge n. 164/1992 la quale include le sigle DOGC, DOC e IGT.

3. Il caso del prosecco spumante rosè millesimato

Come è facilmente intuibile, i prodotti che vengono insigniti di questi riconoscimenti ottengono un valore aggiunto, in quanto vedono certificate le loro caratteristiche distintive e assicurata l’alta qualità. Per questo motivo la proposta di introdurre la tipologia di “Prosecco spumante rosè millesimato” tra le DOC, promossa dai soci del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc è stata oggetto di ampia discussione. Il Presidente del Consorzio, ha infatti dichiarato “Sarà un modo molto interessante di diversificare l’offerta […] Credo sarà possibile produrre, dopo la vendemmia del 2020, dai 15 ai 20 milioni di bottiglie rosé sui 464 milioni complessivi prodotti nella denominazione Prosecco Doc”.

Ulteriore sostegno per questa proposta è giunto anche dall’attuale Presidente della Regione Veneto, il quale sostiene che “il Prosecco Rosé era una realtà per gli amanti del buon bere, […] oggi questa realtà può vantare anche il riconoscimento ufficiale. Abbiamo aggiunto una nuova gemma a quel diadema di 500 milioni di bottiglie all’anno che è il mondo del Prosecco”. Annoverare il Rosè tra le DOC del Prosecco permetterà infatti un’ulteriore qualificazione di un prodotto già presente sul mercato, a cui non veniva fornita la tutela e la protezione propria delle Denominazioni di Origine Controllata, in ossequio alle norme del diritto vitivinicolo.

Basti pensare che, secondo un’indagine del Wine Monitor di Nomisma, in America il 50% degli intervistati ha dichiarato di aver bevuto almeno una volta all’anno vino rosato e il 46% che si trattasse di Prosecco. Invero, il riconoscimento della nuova tipologia di Prosecco permetterebbe, dunque, di aumentare il valore del prodotto stesso limitando il commercio di un Prosecco Rosè privo dei requisiti DOC, proteggendo in questo modo la quota di mercato. Di conseguenza, si verrebbe a consolidare un legame significativo il prodotto e il territorio d’origine. Alla proposta di classificare DOC il Prosecco Rosè si sono opposti i Vignaioli Indipendenti Trevigiani “FIVI” i quali già nel 2018 nutrivano delle perplessità sull’introduzione della nuova tipologia di Prosecco. Tra le ragioni a fondamento della critica si colloca il rischio di dequalificare l’intera categoria del Prosecco, che verrebbe dunque “inquinato” introducendo il Pinot grigio in una produzione già caratterizzata dall’utilizzo di altri vitigni a bacca rossa presenti nel territorio.

Inoltre, a parere dell’associazione trevigiana si andrebbe a perdere l’idea del Prosecco legato ad un luogo specifico che, come è stato già detto sopra, è fondamentale per poter apporre la sigla DOC (o DOP). Un’ulteriore critica si fonda sull’argomentazione per cui se si introducesse una tipologia così “ibrida” di Prosecco, ne risulterebbe compromessa ogni politica di valorizzazione del territorio. A sostenere lo scetticismo dei Vignaioli Indipendenti Trevigiani è anche Slow Wine, guida del mondo del vino, che dichiara come la proposta si fondi esclusivamente sul guadagno piuttosto che su un effettivo tentativo di valorizzazione del territorio. Ciò nonostante, il Comitato Nazionale Vini del Ministero delle Politiche agricole ha già approvato la modifica del disciplinare di produzione che introduce la variante “rosè”.

La proposta, difatti, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 150 del 15.06.2020 con la precisazione che tale nuova tipologia di Prosecco deve avere, caratteristiche determinate quali l’ottenimento dalle uve del vitigno Glera per almeno l’85% e da Pinot nero (vinificato in rosso) da un minimo del 10% ad un massimo del 15% (ex art. 2 della proposta). I tempi stimati per l’immissione del Prosecco Rosè per il consumo su larga scala sono indicati a partire dal 1° gennaio 2021.

4. Questioni ostative alla modifica della DOC “Prosecco”

L’iter di modifica prevede che, prima che la proposta divenga definitiva, devono passare 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale durante i quali chi ne ha interesse, può presentare ricorso.

Infatti, dall’Associazione Agricoltori di Trieste, in data 18 luglio 2020, opponendosi alla proposta di modifica, ha segnalato come la stessa non rispettasse i protocolli posti a tutela delle minoranze, in quanto le zone del Prosecco non includevano l’area “CarsoKras” (che produce il c.d. “Prosekar”).

In aggiunta, nell’opposizione è stato evidenziato come la modifica dei disciplinari non avesse recepito la lingua slovena. Infatti, dal 2009, al fine di evitare che Prosecco venisse coltivato in tutto il mondo, venne stabilito che il Prosecco può essere ottenuto da una specifica uva, denominata “Glera”. Da quel momento è stato possibile commercializzare il Prosecco ottenuto da uva Glera coltivata in nove province della DOC dislocate tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Nel territorio di interesse si ricomprese anche una specifica zona friulana, in quanto in provincia di Trieste si colloca il paese denominato Prosecco. Tale località, a causa di normative ambientali particolarmente stringenti, che impediscono il trapianto di nuovi vigneti, necessita di particolari aiuti per permettere lo sviluppo del territorio. Invero, il Protocollo che prevedeva aiuti necessari è scaduto nel 2016 senza esser rinnovato. Pertanto, si può facilmente comprendere le ragioni dell’Associazione Agricoltori di Trieste, che dietro all’opposizione alla proposta del Prosecco Rosè, sottende l’intenzione di ottenere più tutele e rinnovo di aiuti per quel territorio specifico al quale il Prosecco deve il proprio nome.

Il Consorzio di Tutela del Prosecco Doc ha dunque predisposto una controfferta: “da un lato, offriamo un endorsement di tipo politico alle loro rivendicazioni, dall’altro, abbiamo proposto un pacchetto di azioni che aiuti a valorizzare le tipicità che caratterizzano quel territori”. Ciò ha permesso di raggiungere un accordo il 29 luglio 2020, secondo il quale la zona del Prosekar verrà inserita nel disciplinare del Prosecco Doc. Di conseguenza, l’iter per l’approvazione della modifica si è concluso con l’approvazione in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C 362. Ove, al punto 1, è statuito che “È inserita la tipologia spumante rosé al fine di introdurre nella denominazione una produzione di spumante ottenuto da vitigni Glera B. e Pinot nero vinificato in rosso”. E al punto 9, nondimeno, si trova esplicito riferimento ai territori del Carsokras: “Nella designazione del Prosecco è consentito riportare in etichetta il riferimento a «provincia di Treviso» o «Treviso» oppure a «provincia di Trieste» o «Trieste» o «Pokrajina Trst» o «Trst», qualora le rispettive partite siano costituite esclusivamente da uve raccolte da vigneti ubicati nelle pertinenti provincie e la loro elaborazione e confezionamento del prodotto abbiano luogo nella medesima provincia di produzione delle uve”.

5. Conclusioni

Alla luce di quanto sopra trattato, l’introduzione del Prosecco Rosè Millesimato nella categoria protetta del Prosecco DOC è un primo passo avanti per poter rispondere ad una richiesta sempre più crescente dei paesi esteri. Il Consorzio di Tutela del Prosecco Doc ha infatti dichiarato che circa l’80% delle bottiglie prodotte (circa 486 milioni) sarà dedicata al mercato dell’export, coinvolgendo circa 11.460 viticoltori, con l’auspicio di generare una crescita economica positiva.

Tra i Paesi esteri interessanti al Prosecco Rosè, vanno segnalati il Nord Europa, USA e Regno Unito, la cui forte domanda, secondo le stime degli esperti, potrebbe raddoppiare la produzione già a partire dal prossimo anno.

In conclusione, l’introduzione della nuova certificazione potrà prevenire eventuali tentativi di contraffazione, ponendosi a difesa dei prodotti italiani DOP e DOC e preservando le indicazioni geografiche del nostro territorio, affinché il Prosecco Rosè Italiano, possa divenire sinonimo di prodotto italiano di qualità ed eccellenza e affacciarsi, grazie a tali caratteristiche, con veemenza sul mercato estero e riprendersi quella fetta di mercato estro, ove era già da tempo diffuso un prodotto erroneamente denominato Prosecco Rosè, sebbene fosse privo delle caratteristiche tipiche.

1 https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2090;
2 https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/4625#id-2a1c4cce6d31ae2df2cf30a47cca7012;
3 Regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio, del 29 aprile 2008, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, che modifica i regolamenti (CE) n. 1493/1999, (CE) n. 1782/2003, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 3/2008 e abroga i regolamenti (CEE) n. 2392/86 e (CE) n. 1493/1999;
4 Regolamento (CE) n. 491/2009 del Consiglio del 25 maggio 2009 che modifica il regolamento (CE) n. 1234/2007 recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM);

Maria Giovannella Calandri

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