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calendar_today 30 maggio 2023
A livello europeo la Commissione, insieme alle autorità garanti dei singoli Stati membri, applica direttamente le regole di concorrenza dell’UE (articoli 101 -106 del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea – TFUE), assicurando una concorrenza leale e in condizioni di parità tra tutte le imprese e contribuendo così ad un miglior funzionamento dei mercati dell’UE1 . Preme infatti ribadire come all’interno di ogni singolo atto di scambio commerciale vi sia l’interesse dell’intera comunità per far sì che venga osservato un costume di onestà, lealtà e correttezza nello svolgimento del commercio. Prima di addentrarci sull’analisi del nuovo quadro normativo europeo, occorre rivolgere uno sguardo al contesto in cui il nuovo Regolamento 720/20222 intende collocarsi.
L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dispone l’incompatibilità con il marcato interno nonché il divieto per tutte le imprese di esercitare pratiche concordate che possano avere un effetto anticoncorrenziale, ossia, possano pregiudicare il commercio tra Stati membri, svolgendo attività atte ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.
Tuttavia è innegabile come le scelte economiche di associazioni di imprese prese in modo coordinato e concordato possano certamente sviluppare un potenziale economico di non poca incidenza nell’economia dei mercati dell’UE. In questo senso, il paragrafo 3 del sopracitato articolo, prevede la compatibilità con il mercato, di tutti quegli accordi che contribuiscono a migliorare la produzione o la distribuzione di beni e, contemporaneamente, consentono ai consumatori di trarre benefici senza tuttavia compromettere il leale esercizio della concorrenza. In estrema sintesi, sono esenti dal divieto di cui sopra quegli accordi che – in un’ottica di bilanciamento costi/benefici – presentano alla concorrenza maggiori effetti favorevoli rispetto a quelli anticoncorrenziali.
Per tale ragione, negli anni le intese verticali hanno goduto di un maggior favore rispetto a quelle orizzontali. Quest’ultime, infatti, coinvolgendo concorrenti diretti, non possono in alcun modo determinare guadagni in termini concorrenziali grazie alle sinergie delle imprese che partecipano all’intesa.
Tanto premesso, è giusto il caso di ribadire la definizione di intesa verticale contenuta nel nuovo Regolamento europeo:
per accordi verticali “si intendono gli accordi o le pratiche concordate tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell'accordo o della pratica concordata, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi.3 ” Pertanto, ai fini della configurabilità di un accordo verticale la disposizione di cui sopra richiede che vi siano necessariamente il consenso (I) e la volontà di almeno due imprese di esercitare pratiche commerciali concordate (II) e altresì, che l’attività abbia ad oggetto attività di acquisto, vendita o rivendita di determinati beni o servizi (III) e che sia esercitata in modo coordinato tra due o più imprese caratterizzati da diversità nella filiera di produzione e distribuzione (IV).
Ne consegue che, a condizioni che queste producano incrementi di efficienza economica tali da superare gli effetti anti-competitivi ad esse connessi, solamente le imprese che rispecchino tali caratteristiche possano essere ammesse al godimento dell’esenzione prevista dall’art. 101 comma 3 TFUE.
Attraverso i VBER e le evoluzioni che questi hanno subito negli anni, la Commissione ha definito e individuato le ipotesi in cui tali accordi possono beneficiare fin da subito dell’esenzione prevista dall’art. 101 comma 3 TFUE, esonerandoli pertanto dall’applicazione del divieto di cui al primo paragrafo.
Il nuovo Regolamento aggiorna il Regolamento 330/2010 per cui era prevista la scadenza in data 31 maggio 20224. Il nuovo VBER del 2022 - in vigore fino al 31 maggio 2034 - mira ad adattare la disciplina degli accordi verticali ai nuovi sviluppi di mercato, sottolineando anche l’importanza dell’e-commerce e delle piattaforme online che hanno indubbiamente agevolato e velocizzato gli scambi commerciali livello globale.
In questo senso una delle principali novità è certamente rappresentata dal cosiddetto “Safe harbour”, ossia la zona di mercato sicuro in cui alcuni accordi possono essere liberamente stipulati godendo in automatico delle esenzioni di cui sopra. Proprio in considerazione di quanto predetto, il nuovo Regolamento amplia le sfere d’azioni considerate “Safe” avvicinandosi all’e-commerce e prevedendo che le attività commerciali svolte per il tramite dei cosiddetti marketplace bans, ossia i mercati online, possano essere esenti dal divieto. Tuttavia, i soggetti interessati potranno usufruire di tale esenzione solo a condizione che le singole quote di mercato dei fornitori e dell’acquirente non superino la soglia del 30%.
Un’ulteriore novità è quella che introduce il cosiddetto dual pricing, ossia la possibilità di applicare al distributore prezzi all’ingrosso differenziati per i prodotti che quest’ultimo dedicherà alla vendita online, rispetto a quelli destinati ad una vendita offline. Tale considerazione è stata inserita dal legislatore europeo con il chiaro obiettivo di rispecchiare i costi sostenuti per ciascun canale di vendita, ritenuti intrinsecamente diversi. Parallelamente a quest’ultimo punto, il nuovo VBER prevede anche il c.d. “equivalence principle”, ossia la possibilità di imporre diverse condizioni di vendita per gli online store rispetto ai negozi fisici.
Tanto premesso, nel caso in cui i predetti accordi vengano stipulati tra un’associazione di imprese e un singolo fornitore, affinché si possa beneficiare delle esenzioni di cui all’art. 101 paragrafo 3, è necessario che tutti i membri dell’associazione siano distributori al dettaglio di bene e che nessun membro dell’associazione, insieme alle imprese ad esso collegate, realizzi un fatturato annuo superiore a 50 milioni di Euro.
Si noti che, ai fini dell’applicazione della predetta soglia di fatturato, vanno addizionati tutti i fatturati (al netto di imposte e tasse), realizzati per tutti i beni e servizi durante il precedente esercizio dalla parte dell’accordo verticale interessata e dalle imprese ad essa collegate. Nel caso in cui, per due anni consecutivi, la soglia massima di fatturato venga superata, l’esenzione mantiene comunque la sua validità a condizione che l’aumento di fatturato non superi il 10%.
Al contempo, le nuove Guidelines, definiscono anche un dettagliato elenco di accordi che, direttamente o indirettamente, perseguono l’obbiettivo di impedire ai distributori di vendere i loro beni o servizi online e che, pertanto, vengono collocati nelle restrizioni “hardcore”. Sono tali, ad esempio, tutti i fenomeni di “geoblocking”, ossia tutti quegli accordi che contengono clausole volte ad impedire che i clienti situati in una zona geografica differente rispetto a quella assegnata dal fornitore al distributore, non possano visualizzare il sito web di quest’ultimo.
Sempre nell’obiettivo di contribuire allo sviluppo del mercato in una logica di leale concorrenza, le nuove linee guida impongono altresì restrizioni per tutti quegli accordi verticali in cui sono contenute clausole volte ad imporre la vendita esclusivamente nei negozi fisici o ad escludere la facoltà del distributore di determinare il proprio prezzo di vendita, fatta comunque salva la possibilità del fornitore di imporre un tetto massimo di prezzo per i propri prodotti.
L’esenzione di cui all’art. 101 comma 3 è altresì esclusa in tutti gli accordi che impongono un obbligo di non concorrenza, diretto o indiretto, la cui durata sia indeterminata o superiore a cinque anni ovvero obblighi volti ad impedire al soggetto distributore di offrire o vendere beni o servizi con marchi di fornitori concorrenti.
Il nuovo Regolamento, introducendo una più ampia prospettiva di mercato, garantisce alle aziende la possibilità di creare accordi verticali anche nelle piattaforme online e nell’e-commerce.
Tuttavia, il grande potenziale dei predetti accordi, non è esente da limiti. Infatti, affinché le imprese possano usufruire delle esenzioni previste dal Regolamento, non solo sarà necessario evitare di porre in essere tutte quelle attività collocate tra le c.d. restrizioni “hardcore”, ma sarà anche necessario rispettare il limite della quota di mercato non superiore al 30% per fornitore e acquirente.
1 https://ec.europa.eu/info/departments/competition_it 2 Regolamento (UE) 2022/720 della Commissione del 10 maggio 2022 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, L 134 del 11.05.2022. 3 Art. 1 Regolamento (UE) 2022/720 della Commissione del 10 maggio 2022 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, L 134 del 11.05.2022. 4 Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione del 20 aprile 2010 relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate, L 102 del 23.04.2010.
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