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calendar_today 30 maggio 2023
Si segnala una recente decisione dell’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato resa nell’adunanza del 30 novembre 2021 nei confronti del colosso dell’e-commerce Amazon (più in dettaglio, di Amazon Europe Core S.à r.l., la società del gruppo responsabile della gestione dei siti web dei marketplace europei di Amazon e titolare del dominio internet www.amazon.it)., nonché di alcune società del medesimo Gruppo (Amazon Services Europe S.à.r.l., Amazon EU S.à.r.l., Amazon Italia Services S.r.l., Amazon Logistica S.r.l.), che presenta profili di grande interesse.
La pronuncia in parola è intervenuta a conclusione di un procedimento avviato in relazione ad una lamentata violazione dell’art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, norma che - lo si rammenta – vieta lo sfruttamento/l’abuso di posizione dominante nel mercato interno, e che fornisce altresì, a titolo esemplificativo e non esaustivo, un’elencazione di pratiche costituenti espressione di tale abuso.
Nel caso di specie, l’interesse dalla decisione non si esaurisce esclusivamente nella strettissima attualità della materia (tenuto conto del fatto che l’e-commerce presenta ormai da svariati anni un trend in forte crescita e che, per effetto della pandemia, il settore è letteralmente “esploso”), ma altresì in quanto essa consente di analizzare la questione dell’abuso di posizione dominante da un’angolazione del tutto peculiare.
Nello specifico, infatti, la particolarità del caso sottoposto alla valutazione dell’Autorità risiede nel fatto che la condotta contestata alla multinazionale (e che ha portato a comminare a carico della stessa una pesante sanzione, come meglio si vedrà) non si muoveva sul piano “immediato” dei beni oggetto di commercializzazione (e della relazione diretta tra la stessa Amazon e i propri acquirenti), bensì piuttosto sul versante della logistica.
Più in dettaglio, l’AGCM ha ravvisato un abuso di posizione dominante nel fatto che Amazon avesse favorito, presso i venditori presenti sulla piattaforma, il proprio servizio di logistica (denominato FBA – Fulfillment by Amazon), rispetto ad altri concorrenti operanti nel settore della logistica e-commerce, e peraltro, così facendo, avesse ulteriormente rafforzato la propria posizione dominante.
Scendendo ad analizzare in concreto la condotta censurata, nel dettaglio la multinazionale proponeva ai venditori una serie di vantaggi che risultavano essenziali per poter acquisire maggiore visibilità sul marketplace Amazon (nonché maggiori prospettive ed occasioni di vendita), riservandoli unicamente a quei venditori che, tra le varie opzioni in termini di logistica, avessero scelto di avvalersi del servizio di logistica di Amazon, ossia FBA; tra questi vantaggi, ad esempio, vi era la possibilità di fare luogo alla vendita dei propri prodotti attraverso il ben noto canale Amazon Prime, utilizzato dai consumatori non soltanto più fedeli, ma anche maggiormente disponibili a spendere importi elevati per i propri acquisti. In altri termini, in un sistema così strutturato, solo i venditori che avessero scelto il servizio di logistica di Amazon (FBA), con esclusione di altri corrieri, avrebbero potuto aderire al servizio Prime ed alle iniziative ad esso collegate; per meglio chiarire, l’impossibilità di aderire a Prime aveva per quei venditori quale conseguenza quella di “tagliarli fuori” dagli eventi speciali di Amazon (conosciutissimi dal grande pubblico), quali Black Friday, Cyber Monday, Prime Day etc. – ed i loro prodotti non sarebbero stati visualizzati tra le offerte in vetrina presenti sul sito web di Amazon.
Inoltre, se per gli operatori dei servizi di logistica Amazon applica abitualmente un sistema di misurazione delle performance molto stringente (tanto che il mancato superamento dei parametri fissati può portare alla sospensione dell’account del venditore), fanno invece eccezione gli operatori FBA, che si sottraggono a tale stringente forma di monitoraggio.
Il risultato di una tale politica praticata per lungo tempo dalla multinazionale (opportunamente messo in luce dalla decisione segnalata) è facilmente intuibile: gli operatori di logistica diversi da FBA non erano in grado di proporre i propri servizi come equiparabili (in termini di qualità) al servizio di logistica fornito da Amazon (FBA), con la conseguenza di accrescere il divario tra il potere di Amazon e quello dei concorrenti, non soltanto in relazione al marketplace vero e proprio, ma anche in relazione alla consegna dei prodotti.
Quindi, chiarito che l’Autorità ha ritenuto Amazon responsabile delle condotte ascritte, la sanzione comminata nel caso di specie si caratterizza sicuramente per il suo importo particolarmente rilevante, atteso che il colosso dell’e-commerce è stato condannato al pagamento di una somma superiore a un miliardo di Euro, scelta determinata in ragione della particolare gravità della condotta ravvisata dall’AGCM (sia in termini di durata che di effetti già prodottisi sulla concorrenza), nonché in considerazione delle dimensioni del Gruppo.
Alla sanzione economica di cui sopra, si affianca l’imposizione ad Amazon di obblighi comportamentali, sottoposti ad attività di monitoraggio (a cura di un monitoring trustee), al fine di ripristinare con effetto immediato le condizioni concorrenziali nel mercato. Nello specifico, alla multinazionale è stato ordinato di adottare una serie di misure “attraverso le quali si realizzi un sistema di pari trattamento di tutte le offerte presenti sulla piattaforma, che non dipenda dall’operatore di logistica scelto dal venditore terzo per l’evasione dei propri ordini. …”, ossia di fissare preventivamente gli standard di evasione dei propri ordini per i venditori (che siano equi e non discriminatori), provvedendo altresì a pubblicare tali standard, oltre ad astenersi dal negoziare con gli operatori di logistica concorrenti le condizioni per gli ordini inoltrati sul marketplace Amazon.
In conclusione, si deve rilevare come le condotte non consentite ai fini della c.d. normativa antitrust possano muoversi anche su piani con minore visibilità immediata, ma che, non per questo, esse possano ugualmente essere in grado di produrre pesanti effetti distorsivi della concorrenza.
Si segnala, infine, che, sempre in tempi recenti, sono intervenute ulteriori condanne da parte dell’AGCM (seppure per importi in alcun modo paragonabili alla sanzione impartita ad Amazon), con cui l’Autorità ha comminato sanzioni per pratiche commerciali ritenute scorrette nell’ambito dell’e-commerce, e che risulterebbero essersi accentuate nel periodo della pandemia da Covid- 19.
Si tratta, in particolare, della pubblicazione di informazioni inesatte ed ingannevoli sui prezzi, sulla effettiva disponibilità e sui tempi di consegna dei prodotti venduti online, nonché di addebiti ingiustificati prima della conclusione del contratto o di annullamenti degli ordini dei consumatori, così come di disservizi in relazione alla consegna dei prodotti e di omessa o insufficiente assistenza post-vendita ai consumatori (anche con riferimento alle richieste di rimborso provenienti daglu acquirenti). In questo senso, sono state comminate multe (per condotte differenziate per ciascuna impresa) a “colossi” quali Unieuro, Mediaworld (Mediamarket), Leroy Merlin e Monclick, per un importo complessivo di quasi undici milioni di Euro.
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