Le principali normative per investire in questo mercato

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Caratterizzata da una posizione geografica strategica, la Repubblica di Turchia rappresenta uno snodo commerciale fondamentale per gli scambi tra Europa, Asia e Medio Oriente.

Nel 2022, la Turchia è stata l'undicesima economia in termini di PIL pro capite tra i Paesi con popolazione superiore a 50 milioni di abitanti, con un impressionante tasso di crescita medio annuo del 5,4% dal 2003 al 2022.

Il mercato turco può quindi costituire un ottimo spazio di espansione per gli operatori internazionali.

Lo Studio Legale de Capoa, grazie alla sua ultratrentennale esperienza nell’ambito del diritto internazionale, nonché agli stretti rapporti di collaborazione che intrattiene con qualificati professionisti locali ed ai collaboratori interni madrelingua, può offrire agli imprenditori interessati ad operare nel Paese una consulenza rapida, efficiente e perfettamente consapevole della complessità della realtà giuridico-economico turca.

La tutela dei marchi nella Repubblica di Turchia è garantita sia dalla normativa interna che dall’adesione del Paese alle maggiori convenzioni internazionali del settore.

La registrazione di un marchio in Turchia attraverso il deposito nazionale

La tutela dei marchi in Turchia è regolata principalmente dal nuovo Codice della Proprietà Industriale turco (n. 6769), entrato in vigore il 10 gennaio 2017.

L’imprenditore straniero può richiedere la registrazione del proprio marchio direttamente presso l’Ufficio Marchi e Brevetti turco, corredando la propria domanda di deposito con la riproduzione del marchio e l’indicazione delle classi di riferimento, secondo la Convenzione di Nizza.

Preme sottolineare che, qualora l’imprenditore straniero non abbia una stabile organizzazione in Turchia, è necessario incaricare un procuratore/consulente marchi abilitato nel Paese.

Generalmente non vi sono limitazioni per la registrazione dei marchi stranieri, a meno che non si configuri una delle seguenti condizioni:

  • si tratti di segni che non vengono definiti come un marchio secondo l’art.4 della Legge 6769;
  • siano identici o confondibili ad altri marchi già registrati;
  • siano privi di carattere distintivo;
  • siano segni usati per rappresentare associazioni di professionisti ovvero di categoria dei lavoratori;
  • siano marchi caratterizzati da una forma imposta dalla natura stessa del prodotto, possano trarre in inganno il pubblico circa la natura, la qualità e l’origine del bene o del servizio; rappresentino simboli religiosi;
  • i segni e le parole caratterizzanti il marchio siano contrarie all’ordine pubblico ed al buon costume;
  • si tratti di stemmi o segni protetti da convenzioni internazionali

La Legge tutela altresì il cosiddetto marchio notorio, ovvero quel marchio che, pur non registrato, è talmente diffuso nel mercato da essere associato dai consumatori ad un determinato prodotto. Con riferimento al marchio notorio, la legge prevede il divieto di registrazione di marchi identici o similari ad esso, sia nel caso in qui questi si riferiscano a prodotti/servizi identici o simili a quelli a cui è connesso il marchio notorio, sia che si riferiscano a prodotti diversi: in questo ultimo caso, il divieto opera purché la registrazione del marchio possa danneggiare il titolare del marchio notorio.

In termini procedimentali, il deposito nazionale del marchio si perfeziona con il seguente iter. Dopo la presentazione all’Ufficio Marchi, la domanda viene esaminata nel giro di 3-4 mesi. Una volta verificatane l’ammissibilità, l’Ufficio dà luogo alla pubblicazione della domanda sulla Bollettino Ufficiale dei Marchi. Da questo momento, entro il termine di 3 mesi, i controinteressati alla registrazione possono effettuare un’opposizione alla stessa. Nel caso in cui tale opposizione abbia luogo, al richiedente è consentito un diritto di replica entro il termine di 2 mesi. Scaduti i suddetti termini, il procedimento deve considerarsi concluso e, sulla base della domanda e delle eventuali opposizioni o repliche, l’Ufficio Marchi procede o meno alla registrazione. Il marchio straniero registrato tramite il c.d. deposito nazionale ha un’efficacia nel Paese eguale a quella di qualsiasi altro marchio turco registrato. La registrazione ha una validità di 10 anni ed è rinnovabile.

La registrazione di un marchio in Turchia attraverso il deposito internazionale

A partire dal 1° gennaio 1999 la Turchia è divenuta parte contraente del Protocollo di Madrid: ai fini della tutela sul territorio turco di un marchio originariamente registrato in Italia o in UE, il titolare potrà pertanto avvalersi dell’iter centralizzato e semplificato di registrazione internazionale previsto da tale Protocollo. Più specificatamente, il Sistema di Madrid prevede che il deposito dei marchi in uno degli stati membri del Sistema stesso, possa, a determinate condizioni, avere piena efficacia anche negli altri stati.

Nella fattispecie, per poter registrare un marchio italiano in Turchia attraverso la procedura del Sistema, è necessario aver effettuato il deposito del marchio presso qualsiasi Camera di Commercio italiana o presso l’Ufficio della Proprietà intellettuale dell’Unione Europea e richiedere - congiuntamente od anche successivamente - l’estensione della registrazione in Turchia, attraverso l’Ufficio dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (ovvero la WIPO), che provvederà conseguentemente alla registrazione del marchio anche nel Paese.

Il contratto di franchising è sempre più diffuso in Turchia e si annovera nella categoria dei c.d. contratti d’affari, aggiungendosi al contratto di agenzia ed a quello di distribuzione.

Come noto - ed in estrema sintesi - il contratto di franchising mette in relazione un franchesee ed un franchisor. Il franchisor conferisce al franchesee il diritto di utilizzare e diffondere a fini commerciali il suo marchio e la sua etichetta, nonché il diritto di produrre i suoi prodotti e di commercializzarli. Come contropartita il franchisee si impegna a versare una somma calcolata sul volume d’affari e di sottoporsi ad una lista di obblighi del franchisor per cui si conformerà alle norme di fabbricazione del prodotto del franchisor, alle tariffe dallo stesso praticate, all’obbligazione di produrre e/o commercializzare i prodotti che il franchisor sceglierà di mettere sul mercato ed alle norme connesse all’allestimento del locale commerciale.

Una specifica definizione del contratto di franchising è stata dalla Suprema Corte d’Appello turca con la Decisione 2001/819, la quale ha statuito che: “Franchising is a long-term and continuous business relationship arising from the privilege given by the party holding the privilege right of a product or service to the second party to carry out the commercial business subject to the franchise right, by providing information and support regarding the management and organization of the business within a certain period of conditions and limitations. It is a contractual relationship between two parties independent of each other”.

Il contratto di francising essendo, anche per la Turchia, un contratto atipico, espressamente disciplinato dal Codice Commerciale (n.6102) o dal Codice delle Obbligazioni (n.6098), ma allo stesso, ove possibile, si applicano le disposizioni generali in materia di contratti e di obbligazioni negli stessi contenute.

Le parti del contratto hanno un ampio margine di manovra per redigere le clausole secondo la loro convenienza ed organizzare le loro relazioni secondo il proprio bisogno. Le regole generalmente comuni ai contratti di franchising riguardano:

  • la remunerazione dovuta al franchisor il quale accetta che il suo marchio sia diffuso da un terzo;
  • la lista degli obblighi tra i quali quello che il marchio sia diffuso secondo la volontà e le norme del franchisor;

Fa parte della possibilità di iniziativa del franchisor: la messa sul mercato di nuovi prodotti a cui il franchisee non può rifiutarsi e la pubblicità del marchio. Qualche volta per l’acquisto delle materie prime si aggiunge per il franchisee l’obbligo di approvvigionarsi presso il franchisor.

Contratto di franchising e tutela dell’IP

I contratti di franchising spesso prevedono la concessione in licenza, l'utilizzo e la trasmissione di vari elementi di proprietà intellettuale del francisor, quali il marchio, il design, il know-how aziendale, etc….

In questo senso, la legge turca sulla Protezione della Proprietà Intellettuale garantisce – anche per le imprese straniere - la registrazione e la tutela del marchio nel Paese, impedendo l'uso non autorizzato da parte di terzi e fornendo tutta una serie di tutele legali in caso di eventuale violazione e/o utilizzo non autorizzato, così come viene garantita la protezione e la tutela delle altre privative industriali, quali, a mero titolo esemplificativo, i brevetti.

Contratto di franchising e concorrenza

Poiché gli accordi di franchising riguardano principalmente la commercializzazione e la distribuzione di prodotti e/o servizi, essi rientrano nell'ambito di applicazione della legge turca in materia concorrenza: tali accordi sono quindi soggetti alla Legge sulla Protezione della Concorrenza n. 4045. In questo senso, i contratti di franchising o le disposizioni in essi contenute che violano la Legge sulla Concorrenza sono considerati non validi e l'Autorità per la Concorrenza può imporre sanzioni pecuniarie.

Attività nel paese

  • Costituzione di società, branch e joint venture societarie
  • Gare di appalto
  • Delocalizzazioni produttive
  • M&A e due diligence
  • Missioni commerciali e negoziazioni
  • Contrattualistica conforme alla normativa locale nazionale ed internazionale
  • Tutela e protezione della proprietà intellettuale ed industriale
  • Normativa tecnica
  • Assistenza giudiziale e stragiudiziale
  • Assistenza giudiziale e stragiudiziale in materia di diritto internazionale privato
  • Successioni e diritto di famiglia
  • Recupero crediti 

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